Clck per allargare |
8 Settembre 2021 - Sono le 6:45 e apro gli occhi senza l'intervento della sveglia. La mente va alla prossima tappa. SORPRESAAA!! Ebbene si! Da oggi dismettiamo le vesti di ciclisti transumanti per diventare ciclisti pellegrini. Prima di partire ho dato un'occhiata al percorso della “Via Francigena del Sud” o “Via Micaelica”, reperibile sul sito ufficiale del cammino. L'obiettivo è di partire da Lucera per raggiungere Monte Sant'Angelo e fare una visita alla magnifica basilica di San Michele Arcangelo.
Facciamo un giro veloce per il centro della città di Lucera e scopriamo molte cose interessanti, tra cui palazzi nobiliari ben tenuti ed il magnifico Duomo. La nostra colazione, proprio nella piazza antistante quest'ultimo, ci fa sentire dei signori... anche se tutina da ciclista non è proprio elegantissima!
Finita la colazione ci dirigiamo verso il castello federiciano, una imponente fortezza Svevo-Angioina. Siamo tentati di visitarne l'interno poi, scoraggiati dal fatto che sia obbligatorio pagare l'ingresso smanettando su una applicazione online, decidiamo di desistere. Nulla però ci impedisce di ammirare la maestosità della fortezza percorrendone il perimetro esterno in bicicletta.
Dopo averla immortalata, prendiamo una sterrata posta all'estremità del parco che cinge il castello. E' un sentierino che presto diventa molto scosceso e che ci riporta sulla piana del Tavoliere delle Puglie, dove, dal basso, possiamo ammirare la posizione strategica della fortezza.
Proseguiamo sulla traccia indicata da Google Earth, costeggiando campi con varie colture. A farla da padroni sono il pomodoro e il grano. Procediamo con incedere tranquillo, quando scorgiamo in lontananza una strana costruzione. E' mastodontica e svetta sui campi come una piramide Aztecha. Man mano che ci avviciniamo capiamo di cosa è fatta. Sono balle di fieno poste una sopra l'altra, così da formare un parallelepipedo di dimensioni eccezionali. Per darvi una idea, sembra un palazzo di tre o quattro piani fatto di fieno, per una lunghezza di poco inferiore a quella di un capo da calcio. Ovviamente non perdiamo l'occasione di immortalare una simile meraviglia.
Continuiamo allegramente sullo sterrato scambiando chiacchiere, quando ecco l'imprevisto. Ci avvediamo che sia io che Andrea abbiamo bucato le gomme, nonostante la latticizzazione delle camere d'aria. Osservate bene le ruote rimaniamo sgomenti: sono letteralmente coperte di spine, come se mille chiodini fossero conficcati nei copertoni. La ruota posteriore di Andrea è KO, le mie lo sono entrambe. Non ci perdiamo d'animo e ci attrezziamo con i nostri Kit di riparazione. Riusciamo a riparare le gomme alla meglio, però ci accorgiamo che la carrareccia da percorrere è completamente piena di spine, quindi impraticabile. Come se non bastasse, io graffio la bici su un paletto mentre sono intento a gonfiare le gomme. GRRRRR!!! Dobbiamo per forza di cose abbandonare il tracciato. Andrea mi dice di sentire dei rumori. Forse, complice il fatto di aver pedalato con la ruota posteriore un po' sgonfia, un raggio allentato.
Raggiungiamo la statale in un baleno quando mancano 5 Km a San Severo. Cerco su internet un riparatore di biciclette chiedendogli se ci può attendere per le riparazioni. Ci risponde di far presto. Per fortuna siamo in piano, per cui scaliamo il rapporto e, sgambando come dei matti, arriviamo a San Severo presso l'officina. Con nostro sollievo il meccanico mette mano alle ruote. Anche alle mie, visto che, nel frattempo, si sono nuovamente sgonfiate. Mentre il meccanico ripara la bicicletta di Andrea, con la pinzetta del coltellino svizzero cerco di estirpare le spine dal copertone... per quanto possibile, visto che sono tantissime!
Dopo quasi un'oretta e mezza siamo fuori E' l'ora di pranzo per cui entriamo in un alimentari dove, con gentilezza, ci fanno due maxi panini che accompagnamo con l'immancabile birra defaticante. Seduti su una panchina del centrocittà addentiamo i panini e riflettiamo sull'accaduto. Ovviamente abbiamo acquistato tutto il necessario per ulteriori riparazioni. Nel frattempo l'orizzonte si è fatto nuvolo, ma non importa, si va avanti, ci aspetta la scalata del Gargano.
Riprendiamo la traccia indicata dal telefonino che attraversa per intero la città di San Severo, cui purtroppo non abbiamo dedicato il tempo che meriterebbe.
Siamo di nuovo in aperta campagna. La via Micaelica è davvero bella, peccato che di segnaletica neanche l'ombra. Passiamo attraverso un uliveto che costeggia una ferrovia in disuso. La via ci porta dritto dritto verso un grande cancello con due colonne imponenti. Immagino di essermi sbagliato e quindi lo evito prendendo un sentiero di lato. Dopo un po' mi accorgo di essere fuori traccia... No! Di qua non si va!
Torniamo su i nostri passi ed attraversiamo il cancello. Sembrerebbe una proprietà privata, ma noi proseguiamo e, poco dopo, sulla nostra destra appare un'imponente masseria. Domando ad un signore all'entrata se abbiamo sbagliato strada e lui ci conferma che siamo su quella giusta, invitandoci a proseguire per i campi. Ah! Dimenticavo: dei bei pastori maremmani ci inseguono con fare minaccioso, abbaiando a più non posso. Per fortuna dopo poco desistono dall'inseguirci... saranno sazi!
Tutto bene per una decina di chilometri, quando scorgiamo la sagoma del Gargano, che dovremo risalire. Siamo in direzione del convento di Stignano, senonché Andrea esclama gridando:
- NOOOOO!!!!
- Che c'è Nini?
- HO FORATOOOOOOO ANCORAAAAAAA...
Ad una prima analisi delle ruote ci accorgiamo che sono nuovamente ricoperte da una infinità di spine. L'impresa si fa dura: le mie sembrerebbero reggere, quelle di Andrea no! Ci accomodiamo sotto un albero, all'ombra, e diamo fondo ai nostri arnesi per la riparazione. Purtroppo la ruota posteriore di Andrea è andata: siamo alla quinta foratura, singh! Con molta pazienza sostituiamo la camera d'aria posteriore ed aggiustiamo mediante una bomboletta quella anteriore. I kit sono quasi finiti e se ci succedesse ancora saremmo davvero nei guai.
Obtorto collo dobbiamo ancora una volta abbandonare il tracciato. Fortunatamete, la strada asfaltata che ci condurrà a Stignano prima e a San Marco in Lamis poi è vicina.
La strada si inerpica con una serie di curve e controcurve. Nonostante l'ampia carreggiata, qualche automobilista ci strombazza, noncurante del fatto che manteniamo la destra e pedaliamo rigorosamente in fila indiana. Mah?
Dopo diversi chilometri il navigatore mi segna, alla sinistra, la località di Stignano, dove si trova l'oasi di Santa Maria di Stignano. Ci fermiamo per riposare un pò e per ricaricare le borracce alla fontanella. Vorremmo visitare anche la chiesa, ma è chiusa. Oh! Cosa vedono i miei occhi! Un cartello della via Micaelica... miracolo!
Proseguiamo su asfalto per San Marco in Lamis, dove arriviamo che è tardi. Il sole sta per tramontare per cui facciamo giusto una piccola sosta in un bar per poi riprendere a pedalare. Data l'ora non possiamo fermarci a visitare il Santuario di San Matteo Apostolo, un peccato.
Arriva il buio. Accendiamo tutte le nostre luci per renderci visibili ed indossiamo i gilet dai colori fluo. La strada per San Giovanni Rotondo è in quasi tutta in discesa e... meno male! Oggi stiamo stremati. Le molteplici forature ci hanno fatto perdere molto tempo. Arriviamo a San Giovanni dove abbiamo prenotato una stanza in un hotel vicino al convento. L'albergo si trova però su una salita che non riusciamo a scalare: trooppo ripida! All'arrivo riponiamo le bici in garage e saliamo in camera completamente "cotti". Per fortuna possiamo cenare nel ristorante dell'hotel, quindi ci docciamo velocemente e scendiamo subito a mangiare. Non so com'è, le forze ritornano immediatamente, per cui ci scappa anche un giro a piedi fino alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Traccia del giorno
Per la traccia si faccia riferimento al sito https://www.viefrancigene.org/it/italia-il-percorso/