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23 Maggio 2019 - ore 6:30 - Giù dal letto! Ho le spalle un po' indolenzite... mai più zaino in spalla durante le pedalate, promesso! Mentre facciamo colazione nel nostro B&B, dalla finestra il tempo sembra essere buono. Ieri siamo stati fortunati: al nostro arrivo in città, la pioggia era appena terminata e lungo il percorso, per fortuna, siamo stati risparmiati.
Riprendiamo le nostre bici che abbiamo nuovamente caricato a dovere con le borse. Ahi noi! E' un rito che si dovrà ripetere ogni giorno. Ci dirigiamo finalmente verso la Taverna della Zittola, luogo d'inizio del “Regio Tratturo Castel di Sangro – Lucera”.
Dopo qualche km fuori dall'abitato, nei pressi dell'istituto Serpieri, eccolo finalmente: è Lui, il “Tratturo”! Dopo qualche centinaio di metri davanti ai nostri occhi compare la taverna della “Zittola”.
La taverna della Zittola costituisce un punto nodale, trattandosi dell’intersezione tra il Regio Tratturo “Castel di Sangro-Lucera” e il “Pescasseroli–Candela”. Nel corso dei secoli questo luogo ha rappresentato tantissimo per la pastorizia e la transumanza abruzzese, ma, ahimè, attualmente non è considerato con il rispetto dovuto: ai nostri occhi appare un caseggiato in uno stato di totale abbandono. E' stato persino rimosso l'antico stemma che vi era sul portale. Mi spiace un po' sinceramente, ma è inutile ripensare a quello che è stato, quindi... su, su, via, andare!
Proprio mentre ci accingiamo a proseguire, alle spalle della Zittola si odono dei campanacci: allora siamo proprio sulla strada giusta!
Incrociamo un pastore con delle vacche, al quale chiediamo informazioni circa il tratturo. Beh, si verifica una cosa che ricorrerà più volte: poca, anzi, pochissima conoscenza dello stesso... Mah!
Superata la Zittola il tratturo s'inerpica su per un colle. Il manto è in pessime condizioni, inpedalabile per il troppo fango, per cui procediamo a piedi fino alla cresta dando sempre uno sguardo alla traccia. Mente saliamo ci rendiamo conto che il peso delle bici unito alle pietre bagnate e scivolose costituiscono una forte insidia per il nostro equilibrio. Non finisco di pensarlo che la bici, in una discesa sotto un cavalcavia, s'impunta ed in un baleno mi ritrovo per terra.
Mi rialzo a molla! Andrea mi chiede se mi sono fatto male: "Tutto ok, niente! Niente!" . Controllo se la bici ha subito danni, ma per fortuna è tutto a posto. Riaggiusto la posizione della sella, che nel frattempo è finita fuori asse, risalgo e... si riparte.
Attraversiamo un campo scosceso pieno d'erba fino alle ginocchia con vista sulla statale n. 17. In questo momento la MTB è più che altro di impaccio: ci vorrebbe un trattore! Nel frattempo il gps perde la traccia e poco dopo ci troviamo di fronte a un muro di sterpaglie: impossibile proseguire da qui in bici...mmm... ci siamo già persi???
Chiediamo ad un signore, nei pressi di un crossodromo, la direzione per Montalto. Ci dice di attraversare la ferrovia su un viottolo sterrato e di girare prima a sinistra, poi a destra… capito, a destra!
Indovinate dove abbiamo girato???
Dopo qualche km ci ritroviamo su una strada con palazzi alti alti, negozi... “Guarda Andrea, una piazza uguale a quella dove ho prelevato ieri al bancomat... Noooo!" Siamo ritornati al punto di partenza! Castel di Sangro, sigh! Benvenuti al gioco dell'Oca!
Il contachilometri segna già 9 km. Ci guardiamo in faccia e ci scapperebbe da ridere, se non fosse che il cielo si è fatto davvero nuvolo.
Vabbè, ritorniamo su i nostri passi fino al maledetto bivio (destra, capito? destra!). Il tempo minaccia temporale. Su di noi cade qualche goccia sempre più insistente, per cui ci fermiamo e ci prepariamo per la pioggia con le nostre giacche impermeabili. Incrociamo una macchina che fermiamo: “Scusi signorina, per Montalto?” Lei: “sempre dritto in salita" e poi, dopo una pausa: "Ragazzi, su diluviaaaaa”. In un men che non si dica la pioggia comincia a scendere a “scatafonno” (come direbbero a Napoli). Noi, indomiti sulle nostre gambette, continuiamo su per la salita, fino a Montalto. Finalmente il Molise!
Lampi, tuoni, fulmini e saette ci costringono a fermarci sotto un balcone all'entrata del minuscolo borgo. Ci guardiamo in faccia ed ancora non riusciamo a credere di aver fatto il giro dell'Oca: il nostro gps si rifiuta di riconoscere il tratturo.
Mentre aspettiamo che spiova un po', approfittiamo per addentare un pezzo squisito di focaccia. E' tempo di ripartire. “Ah! Un Bar!! Andrea fermati, cosi chiediamo da dove passa il tratturo". Entriamo. Vorrebbe essere un Bar, ma è quantomeno singolare. Sullo scaffale pochi pacchetti di sigarette e la macchina del caffè a cialde. Vabbè!
- “Scusi signora, per il Regio tratturo?
- “Boooooh??”
Ma come, per secoli sono passati di qua e nessuno lo conosce? Poi, dopo un ripensamento:
- “Ah! Sì, sì, la strada dove passano con i cavalli”
- “Sì signora, proprio quella” (ma come? un tempo non erano pecore?)
- “Sì, sì, proseguite più avanti, poi ad un certo punto lo troverete girando al bivio a destra. Altrimenti andate a sinistra sulla strada asfaltata per San Pietro Avellana”
- “Scusi ancora, sa dirci se il tratturo è tanto impervio?”
- "Boooooh??"
Ho capito, lo scopriremo solo vivendo. Siamo ad un bivio, come nella vita: a sinistra la strada comoda asfaltata, niente fango, a destra buche e lui, il “tratturo”. Mmmh, fango, buche... Ninì, che famo?
Non ci pensiamo più di tanto. Ci guardiamo negli occhi e poi... GERONIMOOOOOO!! FANGOOOOO!!!! Ci immergiamo nel bosco come due leprotti. Attraversiamo veri e propri guadi... schizzi... freni che fischiano. La vegetazione lussureggiante ci assorbe del tutto.
Dopo qualche chilometro scolliniamo su una cresta, dove per terra troviamo addirittura della grandine fresca. Fiuu!!! Non ci ha beccati. Il tratturo è bellissimo, anche se usciamo dopo diversi chilometri sporchi come non mai: non importa, siamo letteralmente entusiasti.
Sbuchiamo su una strada asfaltata, chiusa al traffico da segnali di divieto di circolazione che attraversiamo perpendicolarmente. Il gps punta di nuovo nel bosco su una sterrata. Superata una fattoria, con tanto di porcilaia, il sentiero diventa un inferno: non si passa, purtroppo dobbiamo tornare indietro.
Ritorniamo sulla strada asfaltata ed il mio navigatore (Santo Google maps!) suggerisce di proseguire su quella via, per Roccasicura. Nel frattempo il cielo si rasserena, con i raggi del sole che squarciano letteralmente le nubi.
La SP86 in alcuni punti è interdetta al traffico per frane, tant'è che ci sono delle vere e proprie voragini che bypassiamo con vera nonchalance. Non c’è nessuno che circola né a motore, né... a trazione animale. Quando il contachilometri segna i 40 km siamo in prossimità di Roccasicura. Un cartello averte che siamo sul “Tratturo Castel di Sangro – Lucera”: non è proprio il “tratturo” ma per noi va bene così.
Mentre pedalo sento un dolorino alla caviglia destra, molto probabilmente nella caduta ho preso una botta che a caldo non ho avvertito. Succede. La strada scorre lentamente sotto di noi, il panorama è boschivo (Molise o Borneo??), le pendenze sono a dir poco impegnative. Svoltiamo ad un bivio per Carovilli che oltrepassiamo. Con il naso all'insù scorgiamo, a distaza di diversi chilometri, il castello di Pescolanciano: imperioso!
Ancora un bivio in direzione Chiauci. Il “tratturo” qui è molto segnalato con cartellonistica dedicata ma dopo un po' si trasforma, inaspettatamente, in una strada secondaria tra poderi. Sono molto stanco abbiamo fatto 59 Km e la mia caviglia non va per niente bene.
Stringo i denti. Ci fermiamo diverse volte sulla salita che porta fino ad una cresta, dove una grande croce domina su una splendida vallata. Ed eccola lì, sotto di noi, “Civitanova del Sannio”. Per fortuna l'arrivo si prospetta in discesa. Affrontiamo una serie di tornanti al termine dei quali, dietro una curva, appare in tutta la sua maestosità uno sperone di roccia altissimo: sembra di stare a Kalambaka, sulle Metore in Grecia. Bellissimo!
Il cartello ci avvisa che siamo giunti a destinazione, evviva! Dico ad Andrea che devo andare in farmacia, per comprare qualcosa per la caviglia. Entro nell'unica Farmacia e l'anziano dottore mi domanda se sono caduto. Gli dico che ho preso una botta e lui mi dà un pomata antidolorifica suggerendo: “ghiaccio giovanotto, ghiaccio!”.
Giunti al nostro B&B “Villa Augusta”, dopo una doccia calda e degli impacchi di ghiaccio, ungo la caviglia come un giunto viscoso (dai su non è niente!... mi ridico). Concludiamo la nostra lunga giornata presso il ristorante “Delle Querce”. Beh, che dire: in Molise si mangia davvero bene.
Traccia del giorno