Agricoltura e allevamento hanno da sempre costituito la principale fonte di sostentamento per le comunità del bacino mediterraneo. Per sua natura, l’agricoltura tende a prevalere nelle zone più fertili e dal clima temperato, mentre l’allevamento si diffonde nelle aree impervie e dai climi più rigidi, inadatte alla coltivazione. Di conseguenza, le pianure e le colline risultano prevalentemente coltivate, mentre le zone montane sono tradizionalmente destinate all’allevamento. Con il passare del tempo questa distinzione è diventata meno netta, ma basta tornare indietro di un paio di secoli per rendersi conto di quanto fossero diversi gli approcci economici tra pianura e montagna.
Il clima, tuttavia, rappresentava un ostacolo anche per gli allevamenti montani, soprattutto per quelli basati sul pascolo libero. In inverno, la scarsità di foraggio costringeva gli allevatori a trasferire le proprie bestie in pianura. Questo spostamento stagionale prese il nome di transumanza, pratica diffusa in tutto il Mediterraneo.
In genere le distanze percorse dai pastori erano ridotte, in quanto le greggi o le mandrie si spostavano dalla montagna alle pianure limitrofe. Questa forma di transumanza, detta “verticale”, è ancora in uso, seppur con volumi molto più ridotti rispetto al passato e con animali trasportati prevalentemente in camion anziché a piedi.
La transumanza abruzzese aveva caratteristiche completamente diverse. La scarsità di pianure adatte al pascolo ai piedi del Gran Sasso e della Maiella costringeva i pastori a lunghi spostamenti alla ricerca di pascoli invernali dai climi miti. In questo contesto, la lunga transumanza “orizzontale” verso i pascoli della Puglia trova una spiegazione chiara. Il Tavoliere della Puglia, in epoca antica, era una regione poco attraente per l’agricoltura: il clima arido, il suolo poco fertile e la bassa densità abitativa lo rendevano ideale per il pascolo invernale, il cosiddetto pascolo vernotico. Già in epoca pre-romana, verso la fine di settembre, folte greggi di pecore partivano dall’Abruzzo per raggiungere la Puglia, percorrendo oltre 200 km in circa venti giorni. L’unico altro esempio documentato di spostamenti di questa lunghezza è rappresentato dalla Mesta castigliana.
I Romani furono tra i primi a riconoscere il potenziale economico di questi spostamenti. Regolamentarono il passaggio delle greggi e fondarono città in punti strategici per riscuotere tasse sulle pecore in transito: la pecunia era proprio il pagamento dovuto per ogni capo. Furono così creati importanti centri come Peltuinum e Saepinum, lungo due delle principali direttrici tra Abruzzo e Puglia.
Con la caduta dell’Impero Romano le fonti storiche diventano più scarse, ma la pratica della transumanza non scomparve. Il viaggio dei pastori si fece però più complesso, a causa dell’assenza di un’autorità centrale in grado di garantire ordine e sicurezza lungo i percorsi.
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